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After attempting to restore a minimum of stability and order in the Middle East—forcing Israelis and Hamas to accept a truce that one hopes can be consolidated—Trump is making it increasingly clear that he intends to pursue an action aimed at creating a new global order. What that might look like can only be guessed, considering his past moves, his statements over the years, and the goals he has set for U.S. policy.
It is highly probable that, in Trump’s vision, global peace and security can no longer be the mission of the United States alone. Instead, a directorate of major powers is needed—one in which America would be merely primus inter pares, no longer the hegemon. It is not an entirely new idea; a very similar project was conceived and described by Henry Kissinger in his last essay before his death. But Trump appears determined to turn it into reality.
All this, evidently, presupposes the establishment of agreements and, above all, the willingness of the United States to scale down its current supremacy. To reach the necessary understandings, America seems ready to make a generous offer—accepting a resolution to the Russia–Ukraine war that does not depend on Kyiv reconquering lost territories, a goal deemed impossible by most analysts. China, meanwhile, would be appeased by softening Washington’s support for Taiwan.
At that point, full-spectrum geopolitical competition would give way to a cooperative management of security issues, inspired by the logic of the Congress of Vienna convened after Napoleon’s defeat. On the economic front, the extreme competition of recent decades would be replaced by managed trade arrangements designed to preserve significant manufacturing capacities in each major world power.
If the strategy were to succeed and these goals were truly achieved, Trump could then dedicate himself to the internal reconstruction of the United States—the very mission for which he has asked Americans for their vote three times. This is the framework through which the developments we are now witnessing on the diplomatic stage should be read.

Dopo aver cercato di riportare un minimo di stabilità e ordine in Medio Oriente, costringendo israeliani e Hamas ad accettare una tregua che si spera possa essere consolidata, Trump sta facendo chiaramente intendere di essere intenzionato ad intraprendere un’azione che punta alla creazione di un nuovo ordine globale.
Come se lo immagini, possiamo solo intuirlo, considerando le sue mosse, le dichiarazioni rese nel corso degli anni e gli obiettivi che si è dato nella politica americana.
È molto probabile che nella visione di Trump la pace e la sicurezza mondiali non possano più essere la missione dei soli Stati Uniti. Serve invece un direttorio delle grandi potenze, del quale l’America sarebbe soltanto il primus inter pares e non più l’egemone.
Non è un’idea nuovissima, visto che un progetto molto simile fu accarezzato e descritto anche da Henry Kissinger nell’ultimo saggio scritto prima di morire. Ma Trump è intenzionato a tradurlo in realtà. Tutto questo, evidentemente, presuppone il ricorso a degli accordi e, soprattutto, la disponibilità degli Stati Uniti a ridimensionare la loro attuale supremazia.
Per raggiungere le intese che occorrono, l’America sembrerebbe pronta ad una offerta generosa, accettando una soluzione alla guerra russo-ucraina che prescinda dalla riconquista dei territori persi da Kiev, peraltro ritenuta impossibile anche dalla maggior parte degli analisti.
La Cina verrebbe invece blandita attenuando il supporto di Washington alla causa di Taiwan. La concorrenza geopolitica a tutto spettro dovrebbe a quel punto cedere il campo ad una gestione cooperativa dei problemi di sicurezza che potrebbe ispirarsi alla logica del Congresso di Vienna indetto dopo la sconfitta di Napoleone.
Anche sul piano economico, la competizione estrema degli ultimi decenni dovrebbe essere sostituita da forme di commercio manovrato volte a tutelare la sopravvivenza di significative capacità manifatturiere in ogni maggiore potenza del pianeta.
Se la strategia funzionasse e questi traguardi venissero effettivamente conseguiti, Trump potrebbe davvero dedicarsi alla ricostruzione interna degli Stati Uniti per realizzare la quale ha chiesto per ben tre volte il voto degli americani.
È questa la cornice in cui dovrebbero essere letti gli sviluppi ai quali stiamo assistendo sulla scena diplomatica.

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