Lo abbiamo conosciuto per la prima volta all’interno della Casa del Grande Fratello, dove ha conquistato il pubblico con la semplicità e la genuinità di chi sembra uscito dalla porta accanto.
C’è una versione di Giuseppe Garibaldi che tutti conoscono: quella restituita dalle luci del prime time, dai montaggi televisivi, dai social che comprimono l’umano in un frame.
Ma esiste anche un’altra versione di Giuseppe Garibaldi: quella lontana dai riflettori, che rifugge il clamore, che abita il silenzio con rispetto. È la parte di sé che non cerca palcoscenici, ma sceglie con cura quando e come raccontarsi. In questa intervista Giuseppe si libera di ogni sovrastruttura, aprendo il cuore con sincerità, mostrando ciò che spesso resta nascosto.
Lo fa con parole semplici, mai banali. Parla della sua Calabria come si parla di una madre, dei suoi nonni come si parla di un altare. Racconta senza filtri la paura, le cadute, la fatica di mostrarsi veri in un mondo che applaude: c’è un Giuseppe che va oltre, che non ha bisogno di copioni, né di filtri. C’è un uomo che parla con la voce del cuore e con i silenzi della sua terra. Nel racconto che affida a queste righe, si lascia conoscere così: senza armature, senza pose, senza fretta, con verità, con anima, con dignità. Tra domande intime e risposte lucide, Giuseppe non dà spettacolo: dà sé stesso, ed è qui che si rivela l’uomo prima del personaggio.
Se dovessi descriverti con una parola sola, quella che nessuno usa per definirti, quale sarebbe?
— Mi hanno descritto in tantissimi modi. È difficile trovare un aggettivo nuovo ma ci provo. Spirituale secondo me è un aggettivo che non hanno mai usato forse perché non lo mostro, ma credo che tutto abbia un senso, anche quando non si vede.
Cosa ti porti dentro della tua terra, la Calabria, che nessuna telecamera è riuscita a raccontare?
— Il silenzio. Quel silenzio delle montagne e del mare insieme. Il silenzio della natura che si rispecchia tanto in me.
C’è un momento della tua infanzia che ancora oggi ti protegge?
— I racconti, i detti e i proverbi dei miei nonni sono delle protezioni tutt’oggi per me. Ascolto i loro consigli a distanza di anni anche se non ci sono più, e per me quelle sono protezioni.
Cosa hai perso nel momento esatto in cui sei diventato “personaggio”?
— L’invisibilità. Molte volte riflettevo che l’anonimato valesse più della notorietà.
C’è stato un giorno in cui hai pensato di mollare tutto? Cosa ti ha fatto restare?
— Più di un giorno. Ci sono stati giorni in cui ero sull’orlo dell’abbandonare tutto. Poi mi guardavo intorno, capivo che anche quei momenti difficili fanno parte della crescita personale e della realizzazione dei sogni. Devo anche ringraziare le tantissime persone che credono in me, che come ho ripetuto, grazie al loro sostegno e supporto mi danno la forza per non mollare.
Quanto fa paura mostrarsi per davvero in un mondo che applaude solo le versioni più patinate?
— Tanta. Perché quando ti mostri per davvero, sei senza filtri, senza difese. Però sto sempre bene con me stesso.
Hai mai avuto la sensazione che la tua gentilezza sia stata scambiata per debolezza?
— No. Non penso. La gentilezza è un mio punto forte.
Hai mai provato una delusione che ti ha fatto rimettere in discussione la fiducia negli altri?
— Essere deluso da chi pensavo fosse “famiglia”. Quando crolla qualcuno che avevi messo al centro, ti senti perso e quella ferita si allarga in silenzio, ti fa sentire solo anche se hai persone intorno. Ma proprio da lì ho imparato ad ascoltarmi, a contare su di me e a distinguere chi c’è davvero da chi c’è solo quando conviene.
Sai ancora fidarti delle persone senza pensare che possano volerti usare?
— Sono un uomo che cerca di vedere nell’altra persona sempre i lati positivi. Sono stato un tipo che si è fidato sempre e in molte occasioni sono stato “tradito”, adesso ho poca fiducia, quasi niente.
Quando ti senti davvero al sicuro? Cos’è, per te, sicurezza? Un luogo? Uno sguardo? O forse un silenzio ben preciso?
— La sicurezza per me non è un luogo. Io la trovo negli sguardi. Ti faccio un esempio: molte volte mi è capitato di presentare eventi, parlare davanti a tanta gente, sia per l’emozione che per sentirmi al sicuro cercavo la sicurezza nello sguardo di un amico, familiare o conoscente e da lì prendevo forza e ancor di più sicurezza.
Chi è Giuseppe quando si chiude la porta di casa e rimane solo?
— Giuseppe quando chiude la porta di casa la prima domanda che si fa è: che risultati hai portato a casa? Cosa hai imparato? E poi da lì nascono o meno i complessi, e quando sono solo passo dall’essere scrittore (di quello che mi capita, raccontandomi, di quello che voglio fare e come fare) all’uomo più pigro. Sono un uomo semplice, ultimamente pensieroso.
Hai un sogno segreto che non hai mai confessato pubblicamente?
— Sono in tanti a conoscere i miei sogni, ma qualcuno nascosto c’è.
La fama dà tanto, ma chiede interessi altissimi. Qual è stato il prezzo più salato che hai pagato per essere “Giuseppe Garibaldi” fuori dalla casa?
— Il prezzo più alto è stato perdere la leggerezza. Quella di dire una cosa al volo senza doverla spiegare mille volte, o di vivere un momento senza pensare a come verrà percepito. Ogni parola pesa, ogni gesto viene messo sotto lente, sotto giudizio. Se sbagli a parlare sei un analfabeta, se sbagli a fare sei un incapace. E il rischio è che la gente dimentichi che sei umano, che sbagli.
Cosa c’è in te che il pubblico ha amato a prima vista e cosa invece ha frainteso con ostinazione?
— Credo che abbiano apprezzato subito il mio modo semplice di essere: uno che non si costruisce addosso, che parla come mangia e che non si prende troppo sul serio. Quello che invece molti hanno frainteso? La stessa cosa: la semplicità. C’è chi l’ha scambiata per ingenuità, chi per strategia, chi per “eh ma tanto fa il buono”. Ma io sono così anche quando non mi guarda nessuno. Non sono perfetto, ma non sono neanche un copione scritto a tavolino. E a quanto pare, essere normali oggi… fa strano.
Se potessi scegliere chi leggerti davvero tra le righe, chi vorresti ti capisse una volta per tutte?
— Ti potrei dire mia madre, ma lei mi legge bene.
Di tutto quello che ti hanno detto, bene o male, qual è la frase che, in silenzio, hai portato a letto con te più di una volta?
— “Torna a fare il bidello o tagliati i capelli.” Me lo sento dire talmente tante di quelle volte che sembra una suoneria del telefono che squilla in continuazione. Certa gente per invidia e gelosia sta sempre sul punto di denigrare. Non vogliono che mi metta in gioco, studi, impari e faccia quello che mi piace.
GG Moda Patriottica: perché “patriottica”? Cosa rappresenta per te questo progetto, oltre al business?
— Perché è un’appartenenza alle radici, alla fierezza di essere quello che sono e da dove vengo. Un legame con la mia terra, che parte da Santa Cristina, dalla Calabria, all’Italia. “Patriottica” non è una parola, ma un sentimento.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso il tuo brand e i contenuti che condividi?
— Ho creato il brand con l’intenzione che ggmodapatriottica diventasse uno stile di vita. I messaggi che mando attraverso i prodotti sono tanti ma c’è uno in particolare: ogni imperfezione non è da considerarsi un difetto, ma un pregio.
Hai una fanbase molto attiva e affettuosa. Ti senti responsabile del tipo di messaggi che passi?
— Assolutamente sì. Io non voglio e non devo piacere, devo lasciare un qualcosa, anche piccolo ma vero.
Hai mai pensato di raccontarti in modo diverso? Un libro, un documentario, un progetto sociale?
— Fino a oggi no.
Ti piacerebbe tornare in TV, ma con un format che ti rappresenti davvero? Se sì, come lo immagini?
— Sto studiando proprio per questo: voglio tornare davanti alle telecamere, ma con un ruolo che mi rappresenti davvero. Mi appassiona, mi diverte, e anche se non si vede, scrivo idee, format, invento, creo. Ho tanta roba in testa, ma devo metterla in pratica e dimostrare che sono in grado.
Cosa ti piacerebbe che la gente dicesse di te fra 10 anni?
— Vorrei sentirmi dire: ho fatto bene a credere in te, ne è valsa la pena. Ti dico ciò per due motivi: sia perché vuol dire che ho raggiunto i miei obiettivi e sia perché la gente che oggi crede in me, non si pentirà di avermi seguito e sostenuto in questi anni.
Se potessi scrivere oggi una lettera al Giuseppe che entrerà in futuro in un nuovo progetto importante, cosa gli diresti?
— Caro Peppe, finalmente il momento è arrivato. Ti ricordi quando tutto è iniziato? Quante paure, quante insicurezze ma anche tantissima voglia di provarci e metterti in gioco? Adesso che hai l’opportunità, prendila. Fallo e fallo bene. Divertiti e fai divertire come tu sai fare. Sii te stesso. Se sbagli prenditi in giro, ridi e ricordati quanto vali. Non perdere mai quella voglia di sognare in grande. Questo è solo l’inizio: il meglio deve ancora venire. Solo cose belle.
Nel mondo dell’apparenza, l’autenticità è un atto sovversivo. Quando è stata l’ultima volta che hai scelto di essere vero, anche se costava caro?
— Essere veri non è una scelta, è una qualità: o lo sei o non lo sei. Nel bene e nel male lo sono sempre stato. A volte il prezzo è costato caro, altre no, ma preferisco pagare.
Se il pubblico potesse leggerti come un libro, quale sarebbe il capitolo che nasconderesti tra le pieghe della copertina?
— Non nasconderei nessun capitolo. Se nascondi un capitolo vuol dire che proprio quello vale più degli altri. Che sia bello o meno bello, resta parte della storia, ma è un capitolo. E lì dentro ci sono emozioni, paure, gioie, rabbie, delusioni, vittorie, sconfitte, tutte cose che rendono quel libro unico, vero e speciale.
Qual è stato il momento più buio della tua vita e come hai trovato la forza per attraversarlo?
— Uno dei momenti più bui della mia vita è stato quando sono venuto a conoscenza dei problemi di salute di mamma. Quando si tratta di salute il resto vale zero.
Oggi, se ti fermi un attimo e ti ascolti davvero: sei felice?
— Sono sereno, a tratti felice.
Essere Giuseppe, davvero
Quello con Giuseppe Garibaldi è stato un viaggio emozionante, sincero, pieno di verità. Un confronto che ha lasciato spazio al silenzio, ai ricordi, alle ferite che diventano forza. Non un’intervista, ma un attraversamento di parole, di anime, di identità.
Giuseppe non è solo un volto della TV. È un uomo che ascolta, riflette, sogna e che oggi merita il suo spazio sul piccolo schermo. Il format che ha creato su Instagram, “In viaggio per la Calabria”, è la prova concreta di quanto sia in grado di raccontare con delicatezza, ironia , cuore e professionalità.
Vale la pena seguirlo. Vale la pena credergli. E siamo certi che anche i lettori americani saranno felici di scoprirlo: dopotutto, un uomo profondo, gentile… e così dannatamente italiano, non può che piacere anche oltreoceano.
Perché Giuseppe Garibaldi è molto più di quello che avete visto finora: è un presente che ha il coraggio di farsi futuro, con passo autentico e con lo sguardo fiero di chi sa da dove viene.
Il viaggio di Giuseppe non è finito: è appena iniziato. E stavolta, lo specchio lo riflette intero.

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