Reality al capolinea: la crisi dei format generalisti e il bisogno di nuovi autori | Reality at the End of the Line: The Crisis of Mainstream Formats and the Need for New Writers

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Reality al capolinea: la crisi dei format generalisti e il bisogno di nuovi autori
Il caso “Grande Fratello” e la domanda che nessuno osa più fare: e se la TV italiana avesse solo bisogno di idee nuove?
C’è stato un tempo in cui il reality era la rivoluzione. Quando il primo concorrente varcò la porta rossa del Grande Fratello, vent’anni fa, il pubblico rimase incollato agli schermi per vedere l’ordinario trasformarsi in spettacolo. Oggi, invece, quello stesso format sembra vivere un lungo addio: stanco, prevedibile, a tratti malinconico.


La televisione generalista continua a proporre reboot, edizioni speciali, “nuove versioni” di programmi che nuovi non sono più. Ma la verità è che i reality non riescono più a parlare al presente, perché il presente è cambiato. I social hanno reso la quotidianità uno spettacolo continuo, i personaggi “comuni” non esistono più e l’imprevedibilità -motore del reality – è stata sostituita dal calcolo, dal copione e dalle dinamiche costruite a tavolino.


Il Grande Fratello non è più un esperimento sociale. Il reality che un tempo “metteva a nudo la società” oggi si limita a riproporne la caricatura. Non per colpa dei conduttori o dei concorrenti, ma per un sistema che da vent’anni pesca dalla stessa rete. Il problema non è la forma, ma l’assenza di ricambio creativo: sono sempre gli stessi nomi, le stesse idee, gli stessi schemi.


E mentre la TV generalista fatica a trovare la propria identità, fuori dagli studi televisivi esiste una generazione di giovani autori che scrivono format freschi, emozionanti, costruiti su linguaggi nuovi ma che nessuno ascolta.


Tra questi c’è il giovane Nicolò Meregalli in arte NickiaTV, con una visione che unisce intrattenimento e autenticità. Non ha mai lavorato in televisione, ma ha ideato format che potrebbero tranquillamente occupare il prime time delle grandi reti: solidi, narrativi, emozionanti. Giovane, creativo, con una mente che sembra uscita da una writers’ room internazionale più che da un classico ufficio televisivo, Meregalli fa parte di quella nuova generazione di autori italiani che sognano in formato televisivo. Le sue idee hanno un linguaggio visivo, emotivo e contemporaneo: un mix di psicologia, storytelling e spettacolo puro.


Suoi i format:


Balla per me
Un charity dance show dove sei protagonisti, legati a persone care scomparse o in difficoltà, ballano per amore, non per vanità. Ogni esibizione sostiene un’associazione benefica.
Un’idea che trasforma la danza in un atto di memoria e solidarietà: la TV del sentimento, non del sensazionalismo.

Stone Guest – Il Convitato di Pietra
Cinque concorrenti, un mistero e una sola regola: non nominare mai il convitato di pietra. Ogni voto errato riduce il montepremi e svela un pezzo di verità. Un game raffinato e psicologico che riporta il pubblico a pensare, non solo a guardare.


Polygon – Se non la sai, spara
Un quiz adrenalinico dove si vince premendo il grilletto giusto: sei concorrenti, domande, colpi a vuoto e pallottole d’oro. Ironico, ritmato, visivamente potente, un game show da export.


The Watcher – Chi guarda la casa?
Sei concorrenti chiusi in una casa, un misterioso osservatore con voce camuffata che li studia, interagisce, li sorprende. A impersonare The Watcher, ogni volta, un personaggio famoso. Un mix tra reality e varietà che gioca con la tensione e la curiosità.


Sono format nati fuori dai circuiti televisivi, ma che dimostrano una cosa chiara: la creatività non è un titolo professionale, è una visione. E forse, per risvegliare un mezzo stanco, basterebbe dare fiducia a chi oggi pensa diversamente. Le produzioni — Endemol, Magnolia, Banijay, Fremantle — dovrebbero tornare a cercare talenti, non solo format da comprare all’estero. Perché la prossima rivoluzione della TV italiana potrebbe arrivare da chi non ha ancora avuto il suo badge da autore, ma ha già tutto per diventarlo.


E Nicolò Meregalli è solo un esempio. Lì fuori ci sono decine di giovani come lui: pieni di idee, di energia, di voglia di raccontare il presente, ma a cui spesso non viene aperta nemmeno la porta per un colloquio, o a cui non si risponde neppure ad una mail. Eppure i giovani sono il futuro, non uno slogan, ma una necessità concreta, perché senza nuove voci, la TV continuerà a parlare sempre la stessa lingua.


Il Grande Fratello è stato un punto di partenza, ma adesso serve un punto d’arrivo.
E se la televisione vuole davvero rinascere, deve avere il coraggio di accendere un nuovo fuoco. Magari quello che arde nelle idee di chi, come Nicolò Meregalli e tanti altri, non è mai entrato in uno studio televisivo ( perché non viene data loro la possibilità ) ma ha già capito come riaccendere la luce.

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